Italia: Diritto Fallimentare – La rivoluzione permanente del concordato preventivo tra gli ingranaggi dei perenni tentativi di riforma

ITALIA: DIRITTO FALLIMENTARE – LA RIVOLUZIONE PERMANENTE DEL CONCORDATO PREVENTIVO TRA GLI INGRANAGGI DEI PERENNI TENTATIVI DI RIFORMA

  1. INTRODUZIONE

A partire dalla prima sostanziale riforma nel 2005 dell’istituto del concordato preventivo (in sintesi, un accordo tra il debitore insolvente ed i suoi creditori per la risoluzione – o meglio la composizione concordata - di una situazione di insolvenza dell’impresa, autorizzato dal Tribunale fallimentare ed eseguito sotto la sua sorveglianza) si sono succedute riforme del diritto fallimentare con cadenza pressoché annuale. Tali riforme puntano spesso all’obiettivo principale, anche se non esclusivo, di spostare il “classico” fulcro del diritto fallimentare italiano, così come disciplinato dalla legge fallimentare del 1942, ossia la liquidazione del patrimonio dell’impresa in funzione della soddisfazione dei creditori, verso la creazione di strumenti finalizzati a superare la crisi dell’impresa. A questo scopo è stato introdotto ed ulteriormente riformato con le ultime riforme del 2012 e del 2015 l’istituto del “concordato preventivo con continuità aziendale”.

2. CONCORDATO PREVENTIVO CON CONTINUITA’ AZIENDALE

L’istituto del “concordato preventivo con continuità aziendale” è stato introdotto con la legge n. 134 del 07.08.2012 mediante l’inserimento nella Legge Fallimentare dell’art. 186 bis, successivamente modificato dal D.L. n. 83 del 27.06.2015. A seguito di tale riforma il debitore insolvente può ottenere alcuni “benefici” normativi (cfr. infra sub b.) a condizione che sussistano determinate condizioni (cfr. infra sub. a.).

Condizioni:

Innanzitutto il piano presentato dal debitore insolvente, da autorizzarsi da parte del Tribunale, deve prevedere la continuità produttiva. Con questa espressione si intendono, secondo il dettato normativo, tutte le situazioni in cui le attività imprenditoriali vengono proseguite dall’imprenditore stesso ovvero mediante cessione ad un terzo dell’azienda come going concern. Tale cessione può anche consistere nel conferimento dell’azienda in una società di nuova costituzione. In questo contesto è consentita anche la cessione ad una società collegata al debitore insolvente. E’ tuttavia controverso se anche la concessione dell’azienda in affitto possa essere vista come continuazione dell’attività d’impresa. Secondo l’opinione prevalente soltanto un affitto d’azienda previsto, nell’ambito del piano, in vista della cessione definitiva dell’azienda (ad esempio mediante la previsione di una proposta irrevocabile di acquisto) soddisfa il requisito della continuità; qualora invece l’affitto d’azienda fosse già in vigore al momento del deposito del piano da parte del debitore insolvente, sarebbe esclusa l’applicabilità della normativa in questione.

Ulteriore condizione è che il piano contenga un’analitica elencazione dei costi e dei ricavi attesi a seguito della continuazione dell’attività, nonché delle risorse finanziarie a tal fine necessarie e della relativa copertura.

Inoltre deve essere allegata al piano la relazione di un professionista attestatore, nella quale si attesti che la prosecuzione dell’attività d’impresa è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori. Il piano può quindi prevedere una fase iniziale del risanamento dell’impresa, al termine della quale l’impresa possa essere ceduta ad un prezzo migliore (nell’interesse della soddisfazione dei creditori). Onde evitare che il piano possa così sottrarsi a qualsiasi ragionevole controllo, il suo orizzonte temporale non deve essere superiore ad un periodo di 3, massimo 5 anni.

La mera continuazione dell’attività d’impresa in assenza dei requisiti di legge non è sufficiente al fine di potersi avvalere dei “benefici normativi” previste.

Benefici normativi:

Se ed in quanto il piano presentato in conformità a quanto precede sia qualificabile come piano con continuazione dell’attività d’impresa, il debitore insolvente può avvalersi dei benefici o agevolazioni qui di seguito indicati.

Innanzitutto non si applica, ai sensi dell’art. 160 comma 4 seconda frase della Legge Fallimentare italiana, il requisito secondo cui il piano deve necessariamente prevedere una quota di soddisfazione dei creditori chirografari in misura pari almeno al 20%.

Inoltre il piano può prevedere una moratoria fino ad un anno in relazione al pagamento dei crediti privilegiati (ossia dei creditori garantiti da pegno, ipoteca o altri diritti di prelazione), a meno che l’oggetto della garanzia non debba essere liquidato.

E’ particolarmente interessante per la continuazione dell’attività d’impresa la possibilità, prevista dall’art. 182 quinquies comma 5, di richiedere al Tribunale fallimentare l’autorizzazione a pagare debiti antecedenti alla presentazione del ricorso per concordato relativi a beni e servizi, qualora questi siano essenziali per la prosecuzione dell’attività d’impresa. Tale condizione ricorre in sostanza quando i medesimi beni/servizi non siano reperibili sul mercato a condizioni paragonabili.

Inoltre l’art. 182 quinquies, commi 3 e 4 apre una possibilità di ricorso agevolato a mezzi finanziari in quanto la restituzione dei finanziamenti ottenuti è assistita dalla prededuzione; il par. 5 ha introdotto inoltre la possibilità per il debitore insolvente di costituire nuove garanzie per la restituzione dei finanziamenti.

Per completezza si segnala inoltre che gli imprenditori sottoposti alla procedura di concordato preventivo con continuità aziendale, a differenza di quanto avviene per altre procedure concorsuali, possono partecipare a procedure di assegnazione di contratti pubblici.

3. CONCLUSIONI

L’ondata di riforme che ha già investito il diritto fallimentare italiano, e che a quanto pare è ancora in corso, va nella giusta direzione di un moderno diritto dell’insolvenza, che ponga in primo piano, oltre alla tutela dei creditori, anche gli interessi della collettività in relazione alla conservazione delle realtà industriali e così di posti di lavoro e del relativo know-how. Tuttavia occorre notare che il risanamento dell’impresa, come in passato, quantomeno allo stato attuale delle riforme non è ancora un obiettivo normativo autonomo, bensì un mezzo per la soddisfazione dei creditori.