Trasferimento di ramo d’azienda: il Tribunale di Ravenna riconosce il diritto di opposizione del lavoratore

Il principio affermato

Con sentenza n. 228 del 26 giugno 2025, il Tribunale di Ravenna, Sezione Lavoro, ha stabilito che il dissenso della maggioranza dei lavoratori appartenenti ad un ramo di azienda è idoneo ad impedire il passaggio automatico degli stessi dal cedente al cessionario rendendo quindi tale cessione giuridicamente inesistente. Tale dissenso, secondo il giudice, è pertanto sufficiente a impedire il passaggio automatico del rapporto di lavoro.

Il contesto del caso

Il procedimento riguardava un’operazione di riorganizzazione nel settore bancario, che prevedeva la cessione di un ramo aziendale a una nuova società. Il ramo comprendeva oltre 100 lavoratori, la maggior parte dei quali ha formalmente manifestato opposizione al trasferimento, impugnando l’operazione con l’obiettivo di rimanere alle dipendenze dell’originario datore di lavoro.

La posizione del Tribunale

Il Tribunale ha accolto la tesi dei ricorrenti, affermando che l’art. 2112 c.c. non può essere interpretato in senso assoluto e automatico. In particolare, ha valorizzato l’indirizzo della Corte di Giustizia dell’Unione Europea secondo cui il trasferimento del contratto di lavoro presuppone il consenso del lavoratore, in assenza del quale l’operazione non può produrre effetti diretti sul rapporto individuale.

Il ruolo dell’autonomia del ramo

Un passaggio chiave della motivazione riguarda la natura del ramo ceduto. Il giudice lo ha qualificato come “ramo d’azienda leggero”, privo di una reale autonomia organizzativa e funzionale. In questo contesto, il meccanismo automatico previsto dall’art. 2112 c.c. non può operare, perché il ramo non possiede i requisiti richiesti dalla norma e dalla giurisprudenza comunitaria per consentire la successione del datore nel rapporto.

Le conseguenze operative

In caso di dissenso, il rapporto di lavoro resta in capo al cedente, il quale ha l’obbligo di reintegrare il dipendente. Il mancato rispetto di tale obbligo può comportare il riconoscimento di una tutela reintegratoria o risarcitoria, a seconda della disciplina applicabile.

Un orientamento in controtendenza

La pronuncia si discosta in modo evidente dalla giurisprudenza tradizionale, incluso l’orientamento della Cassazione, che ha finora escluso la necessità del consenso del lavoratore nel trasferimento d’azienda o di ramo. Se confermata nei successivi gradi di giudizio, potrebbe costituire un precedente rilevante per una diversa interpretazione dell’art. 2112 c.c..

Implicazioni per le imprese

La sentenza impone un ripensamento delle prassi in materia di trasferimento del personale. In particolare, nei casi in cui il ramo ceduto non presenti un’autonomia strutturale evidente, sarà necessario valutare attentamente i rischi legati all’opposizione dei lavoratori. Una gestione preventiva del consenso, anche tramite comunicazioni trasparenti e negoziazioni individuali, diventa strategica per prevenire contenziosi.