Prededuzione dei crediti dei professionisti: basta la funzionalità della prestazione

I crediti del professionista, relativi a prestazioni effettuate in favore dell'imprenditore per la predisposizione della domanda di concordato preventivo e, quindi, in funzione di una procedura concorsuale, devono essere soddisfatti in prededuzione ai sensi dell'art. 111, comma 2, Legge Fallimentare, anche nell’ipotesi in cui il concordato preventivo venga dichiarato inammissibile.

Così ha stabilito la Sezione I della Corte di Cassazione (ordinanza n. 7974 del 30 marzo 2018), confermando il recente orientamento giurisprudenziale che ritiene risolutivo, ai fini della prededucibilità di un credito, il criterio della strumentalità - funzionalità della prestazione svolta: non è invece rilevante (per il caso in cui alla procedura minore consegua il fallimento) che sia stato effettivamente conseguito un utile per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità.

La collocazione in prededuzione prevista dall’art. 111, comma 2, Legge Fallimentare costituisce infatti un'eccezione al principio della par condicio che intende favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa e rimane soggetta alla verifica delle sole condizioni previste dalla norma in parola; l'utilità concreta per la massa dei creditori non rientra invece nei requisiti richiesti e nelle finalità perseguite dalla norma in questione e non deve perciò essere in alcun modo indagata.

Deve quindi essere ribadito l'orientamento secondo cui il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo è certamente da considerarsi tra i crediti sorti "in funzione" di quest’ultima procedura e, come tale, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento, senza che debba essere accertato che la prestazione resa sia stata concretamente utile per la massa dei creditori in ragione dei risultati raggiunti (cfr. Cass. n. 22450/2015).